Olimpiadi invernali:
un'occasione d'oro per conoscere la Corea

L'intervista a Giuseppina De Nicola e la promozione
di O barra O sul catalogo in-Asia/Corea

Descrizione dell'evento

Corea del Sud, Corea del Nord: la penisola coreana è divisa dal 1948 intorno al 38° parallelo. Inoltre la guerra fratricida che dal 1950 al '53 ha insanguinato quelle terre è terminata con un armistizio mai trasformatosi in un trattato di pace, che ne ha blindato i confini. Nonostante questo e le tensioni internazionali degli ultimi periodi, la Corea sfilerà alle prossime Olimpiadi di PyeongChang come geograficamente è, una penisola unita, e dunque sotto un’unica bandiera. Non solo, scenderà in campo con una squadra mista, quella dell’hockey femminile, composta da atlete della Corea del Sud e della Corea del Nord. In un periodo storico fortemente scosso da tensioni geopolitiche nell’area, lo sport sembra allora una strada possibile per la riapertura del dialogo con la Corea del Nord.
Ma come vive questa situazione la popolazione coreana? Ci crede davvero in una possibile riunificazione? E a quale prezzo? A livello geopolitico poi, la Corea del Sud sarà disposta ancora una volta ad essere messa da parte nel dialogo col Nord dalle grandi potenze mondiali come Usa, Cina e Russia? O rivendicherà la posizione che gli spetta di diritto, quella di essere l’unico possibile e credibile interlocutore col nord? Ne abbiamo parlato con l’esperta Giuseppina De Nicola, docente di Storia e Civiltà della Corea presso l’Università Sapienza di Roma e autrice del libro "L'Impero del Mai" sulla Corea del Nord.

Professoressa De Nicola, neanche il tempo di iniziare le Olimpiadi che già si sente parlare di un possibile attacco USA alla Corea del Nord alla fine dei giochi olimpici. Le sembra plausibile?
L’attacco degli USA alla Corea del Nord dopo il 18 marzo non mi sembra realistico. È certo però che la partita, non certo delle Olimpiadi, si gioca sul filo del rasoio. Gli Stati Uniti sanno che non possono prendere da soli decisioni di questo tipo e che devono tener conto dei vicini di casa della Corea del Nord. È molto più probabile che si tratti di un nuovo tentativo di Trump di mostrare i muscoli. L'idea è degli Stati Uniti è quella di colpire uno o due obiettivi simbolici nel Nord, dando al regime quello "un pugno in faccia" che Trump ha chiamato "naso sanguinante", con l'obiettivo di spaventarlo e costringerlo ad abbandonare il suo programma nucleare. Secondo il quotidiano sudcoreano Choson Ilbo, tra i probabili obiettivi figurano la centrale nucleare di Yongbyon, il sito di test nucleari di Punggye-ri, una struttura di ricerca e sviluppo missilistica a Sanum-dong nel nord Pyongyang e basi sottomarine a Hamnam e Sinpo. Ma sarebbe un'enorme scommessa e il prerequisito è che la Corea del Nord non risponda con un attacco di rappresaglia cosa che ritengo improbabile. La Corea del Nord ha circa 340 pezzi di artiglieria a lungo raggio che possono arrivare direttamente su Seoul e potrebbe anche lanciare attacchi di rappresaglia contro le isole Baeknyeong e Yeonpyeong sul Mare Occidentale usando sottomarini. Non credo Seoul voglia rischiare tutto questo. Anche negli Stati Uniti c'è grande opposizione a questa idea, visto che Kim Jong un non è prevedibile nelle sue azioni. E in ogni caso gli USA dovrebbero avere il via libera da Pechino. È comunque di oggi la notizia, sempre su Choson Ilbo, che il ministro degli Esteri nordcoreano Ri Yong-ho ha chiesto al segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres di "fermare completamente gli Stati Uniti dal provocare una guerra nucleare". Nonostante tutto, i media coreani sono sicuramente meno focalizzati sulle minacce tra USA e Corea del Nord e più sui giochi Olimpici e sulle reazioni del Nord all'arrivo degli atleti nordcoreani a PyeongChang. La Corea del Nord si sente in parte protagonista e sembra si stia preparando una grande parata a Pyeongyang alla vigilia delle Olimpiadi. Da entrambi le parti dei confini del 38 parallelo almeno al momento le minacce di Trump non hanno sortito preoccupazioni allarmanti.

Parliamo allora del significato di questa bandiera della penisola coreana unita che verrà usata alle prossime Olimpiadi che si apriranno il 9 febbraio PyeongChang?
L’idea di avere un'unica bandiera che rappresentasse la penisola coreana unita risale agli inizi degli anni '90, quando i due Paesi parteciparono con un'unica squadra ai "41mi Campionati mondiali di ping pong" a Chiba, in Giappone. Anche in quell'occasione ci fu una squadra composta da atlete coreane del Sud e del Nord. Fu quella femminile di tennis da tavolo e, se ricordo bene, vinsero la medaglia d'oro. Dopo quell’occasione le due Coree hanno partecipato unite a vari eventi sportivi e anche a Torino, nelle Olimpiadi del 2006, venne usata la bandiera della Corea unita. Nella stessa Corea del Sud la bandiera è stata usata più volte, è certo però che oggi la situazione geopolitica è molto più tesa e instabile rispetto al passato. Nonostante questo, o forse proprio per questo, Moon Jae-in, il Presidente della Corea dei Sud, ha sbalordito tutti con una mossa politica inattesa: si è recato in Cina a parlare con XiJinping, Presidente della Repubblica Cinese, per cercare di calmare gli animi in vista delle Olimpiadi. Non sappiamo quanto abbia influito la posizione cinese sulla riuscita della partecipazione delle due Coree unite, però è un fatto che sarà così. Si sa anche che gli atleti del Sud e del Nord marceranno insieme anche nella cerimonia di apertura dei Giochi paralimpici di PyeongChang. Il 29 gennaio, il comitato esecutivo dell'International Paralympic Committee (IPC) si è riunito presso la sede principale dell'IPC nella Renania settentrionale-Vestfalia, in Germania, dove ha approvato la partecipazione della Corea del Nord alle Paralimpiadi PyeongChang del 2018. In definitiva lo sport sembra essere una risposta anche della comunità internazionale a ribadire il rilancio del dialogo.

Che valore politico ha avuto la mossa di Moon Jae-in di recarsi in Cina?
Guardando la realtà, al di là del valore politico, ci sono “in gioco” evidenti motivi economici. In primis gli stretti rapporti economici tra la Corea del Sud e la Cina: ricordiamo che, nei mesi scorsi, le esportazioni sudcoreane in Cina avevano raggiunto un aumento del 20,5% rispetto allo scorso anno. I rapporti tra Sud e Cina si erano però raffreddati a causa delle esercitazioni militari congiunte con gli Stati Uniti e a causa del problema dell’accordo sull’acquisto di sistemi anti-missile americani THAAD che Moon Jae-in voleva cancellare. La situazione era così tesa che la Cina ha posto sanzioni e restrizioni alle aziende sudcoreane. Trump aveva persino intimato la cancellazione dei trattati di libero scambio e acuito il “Korea passing”. I coreani chiamano così quell’atteggiamento da parte degli Usa che trascura o addirittura ignora la Corea del Sud su questioni che riguardano la Corea del Nord, creando grande nervosismo politico e sociale nei confronti degli Stati Uniti. Giappone o Cina sono stati, fino ad oggi, i primi interlocutori di Trump sulle questioni nordcoreane. Moon Jae-In ha forse voluto lanciare un messaggio anche in questo senso.

Lei pensa, dunque, che si sia fatto un passo in avanti nel “Korea passing”? Che il Sud possa continuare a mantenere una posizione di primo piano nel dialogo col Nord anche dopo le Olimpiadi?
Il fatto che alla Corea del Sud si sia voluto assegnare un ruolo marginale nel dialogo con il Nord non piace al presidente Moon Jen-In che con le Olimpiadi ha cercato di riprendere in mano la situazione. La verità è che, per la questione col Nord, il polso della situazione ce l’ha la Corea del Sud, che è l’unico paese che può valere come ago della bilancia in questa situazione di tensione e fare da ponte. Ovviamente la Cina ha un ruolo principale negli equilibri della regione ma per la Cina gli USA sono un partner economico irrinunciabile e per questo motivo la posizione della Cina è sempre un po’ ambigua.

Che ruolo hanno allora le Olimpiadi di PyeongChang in questo clima così fluido e confuso?
Le Olimpiadi invernali di PyeongChang si tengono all’interno di questo clima di tensione, ma in gioco per il Sud c’è molto di più dello sport, c’è l’indotto del settore del turismo e soprattutto dell’immagine della Corea del Sud nel mondo. Di fatto la Corea del Sud ha investito moltissimo nelle Olimpiadi e non si può permettere che siano un fallimento economico. Non può, insomma, permettersi che la paura di questa situazione di tensione nella regione scoraggi i visitatori. La partecipazione delle due Coree alle Olimpiadi è sicuramente un segnale rassicurante. Lo sport, in più occasioni, ha fatto un po’ da mezzo attraverso il quale poter rinsaldare il dialogo tra le due Coree. Moon Jae-in ha senz'altro intascato dalla sua visita in Cina ulteriori accordi commerciali tra investitori coreani e aziende cinesi e, soprattutto, un appoggio politico per trattare con la Corea del Nord, per ragionare sulle sue ambizioni nucleari, e per scongiurare in modo definitivo qualsiasi possibilità di una nuova guerra nella penisola coreana.

La partecipazione dei nord-coreani alle Olimpiadi rende sicuramente più curioso e attraente l’evento. Queste prove di dialogo sportivo possono avere un peso politico?
Questa è una grande incognita anche per gli stessi sudcoreani. L’idea generale è che finite le Olimpiadi tutto torni come prima. La questione non è affatto risolta: è chiaro che Kim Jong Un non farà un passo indietro sulla questione nucleare. Qualsiasi passo avanti si voglia fare questo è uno dei punti che deve essere accettato perché non cambierà, almeno a breve termine. Di conseguenza, potremmo azzardare nel dire che, almeno a livello internazionale, questa situazione è possibile che non apra nuovi scenari. A livello interno, invece,il dialogo sportivo può creare uno spiraglio di ripresa dei rapporti intercoreani.

Come ha reagito la popolazione coreana all’annuncio che le due Coree parteciperanno unite alle Olimpiadi?
Va detto che, in generale, il sentimento di unificazione delle due Coree è sempre stato un po' ambivalente. I più anziani, memori della Guerra tra le due Coree, sono sempre stati i più restii ad accettare una unificazione, mentre tra i giovani il sentimento è sempre stato positivo o al limite di indifferenza. Ultimamente le cose sono cambiate e il fatto che il governo abbia deciso di far partecipare alcuni atleti nord-coreani nella squadra femminile di Hockey, non è visto in modo positivo. La popolazione giovanile è decisamente contro questa decisione del governo sudcoreano che viene accusato di penalizzare la squadra per interessi politici. In effetti, le atlete del Sud e del Nord non hanno mai giocato insieme e si teme che il livello di preparazione sia diverso. Che questa sia una decisione impopolare è evidente dal livello di gradimento di Moon Jae-in che tra i giovani è sempre stato alto ma che adesso sta crollando. Il Governo ha comunque dichiarato che gli accordi sono stati presi e che non si può tornare indietro, pertanto la squadra avrà atlete dei due paesi. Vedremo come sarà gestita la questione sportiva, quante atlete nordcoreane giocheranno e per quanto tempo.

I giovani sudcoreani come vedono il rapporto con la Corea del Nord e una possibile riunificazione?
I millenials sudcoreani sono sempre stati quelli più favorevoli alla riunificazione perché non hanno nessun risentimento nei confronti della Corea del Nord. Negli ultimi tempi però l’atteggiamento è molto cambiato. I giovani coreani affermano di essere più preoccupati dei problemi interni e contingenti come la disoccupazione e il livello della qualità della vita più che del complesso e ipotetico ricongiungimento con il Nord. Lo scorso anno un sondaggio condotto dall'Istituto coreano per l'unificazione nazionale di Seoul, gestito dal governo, ha rilevato che il 71,2 per cento dei giovani sudcoreani (tra i 18 e i 20 anni) si oppone alla riunificazione. In tutta la popolazione, il sostegno è sceso al 57,9% dal 69,3% di appena quattro anni fa.

Cosa ha portato le giovani generazioni della Corea del Sud a prendere una posizione così netta?
I giovani coreani, a differenza delle generazioni passate, sono cresciuti nel massimo benessere e non hanno vissuto nessun trauma legato all’occupazione giapponese, alla guerra con la Corea del Nord o al periodo delle dittature militari. Sono nati e cresciuti in un paese pacificato e avanzato. Le tensioni geopolitiche degli ultimi periodi sono state uno shock, si sono sentiti improvvisamente catapultati in un clima di instabilità, che genera grande ansia. Per le giovani generazioni non è solo il divario economico tra le due Coree a spaventare, ma soprattutto le incertezze di un futuro stabile. La Corea del Nord è vista come una sorta di “minaccia al singolo”, una spada di Damocle sulla testa, qualcosa di irreparabile che potrebbe scoppiare in ogni momento. Anni di test nucleari e missilistici sempre più provocatori hanno oscurato le percezioni della Corea del Sud verso il Nord, e le azioni del suo giovane leader, Kim Jong Un, hanno anche reso il regime brutale e grottesco. Tutti sanno che la Corea del Nord non ha nessuna volontà di colpire la Corea del Sud e che le tensioni sono tutte con gli Usa. In ogni caso, mi auguro che queste Olimpiadi, nel loro vero e autentico messaggio di pace tra i popoli, possano essere un momento di riflessione e allo stesso tempo di gioia per il popolo coreano. Qui per leggere l'articolo.


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Giuseppina De Nicola, Marco Del Corona
Corea del Nord: realtà, immaginazione e rappresentazioni
2006, pp. 96, 12,5x20,5cm
ISBN: 9788887510334
€ 11,00