Recensione
Mangialibri, 16/09/2009

Recensione

Il villaggio di Dong, lungo le sponde del fiume Dinh, noto fin dalla notte dei tempi per le sue particolarità – la casa comunale più grande, il mango tortuoso più robusto, il ponte di pietra più alto -, è soprattutto conosciuto per i suoi uomini di talento e la bellezza delle sue donne. Là in quel villaggio crescono Hanh, appartenente alla famiglia Vu, e Nghia, della stirpe degli Nguyen in eterna contesa con il clan Vu. L’amicizia dei due bambini che sperimentano insieme la vita, si trasforma a poco a poco in amore tanto che i giovani decidono di sposarsi sfidando i voti ancestrali che vietano l’unione tra le due stirpi. Cattivi presagi si abbattono su quell’amore: la distruzione della diga di Lilih e del tempio degli avi Nguyen e il desiderio degli sposi di costruire su quel territorio la loro casa coniugale. La felicità dei due giovani viene ulteriormente minacciata dalla guerra e dal richiamo al fronte di molti uomini tra cui anche Nghia. Dopo parecchi anni senza notizie, secondo un sogno premonitore, il giovane ritorna a casa con titoli militari onorifici. Ma non è il vagheggiamento d’amore e di serenità che la giovane coppia si attendeva….
L’imbarcadero delle donne senza marito, ambientato in Vietnam, offre una duplice lettura: di storia di amore conquistato a fatica, ribellandosi agli avi, al controllo sociale e ideologico, alla comunità e di storia di guerra che incombe in un villaggio, fino ad allora rimasto sospeso nello spazio e nel tempo alle sue tradizioni, alle sue leggende di draghi e fantasmi maligni che seducono le donne e di fiumi che scorrono tranquilli portando via con sé cicatrici, dolori, gioie, gli uomini più giovani e valorosi che lasciano donne in trepida attesa. Sono queste ultime le vere protagoniste del romanzo, intrepide nella feroce lotta alla guerra, costrette dalla sorte a vivere sole. Donne cresciute come giunchi che non si piegano al dolore, non si arrendono, sfidano la malasorte. Anche quando la guerra riporta a casa uomini resi sterili nel fisico e nella psiche dalle ferite subite in combattimento. Donne che non guardano in faccia le leggi, continuano ad amare oltre i limiti del lecito per colmare il loro desiderio di maternità e di amore generando figli illegittimi ma che restano pur sempre figli. E se non amano, quelle donne non restano inerti: si stringono solidali le une alle altre, abitano nelle medesime case, radunano le loro forze, si stringono in una solidarietà tutta femminile, si abbracciano e si consolano. E il villaggio, che racchiude tutto, diventa così il luogo dei ricordi, della sofferenza, della lotta, della sopravvivenza e estremo lavacro di un infausto destino.