Recensione
Stefano Locati, Asia express, 18/11/2013

Interno coreano con sequestro

Yi Chongjun (1939-2008), tra gli scrittori più innovativi e sensibili del Novecento coreano, appartiene alla cosiddetta Generazione 4.19, venuta alla ribalta negli anni '60 dopo la liberazione dal colonialismo giapponese e alla fine della guerra di Corea, la prima ad aver studiato su testi in hangul (la scrittura coreana), piuttosto che su classici cinesi. Gli ideali di libertà e superamento dalla spirale nichilista conseguenti al dominio straniero, esito dalla rivoluzione democratica fallita a inizio anni '60, continuano a trasparire anche negli scritti successivi.

Interno coreano con sequestro (Ku norae tashi puruji mot hane) è un romanzo breve in forma di thriller psicologico uscito originariamente nel 1980, che tramite la ricostruzione di un rapimento dispiega le contraddizioni di una società diseguale, povera e ancora profondamente ferita. La cantante pop Paek Namhui, solitaria e introversa nonostante il crescente successo di pubblico, viene assalita e tenuta segregata nella sua stessa abitazione da un misterioso sconosciuto che dice di conoscerla nel profondo. Nei giorni successivi, quando l'adrenalina del sopruso si trasforma in piatta quotidianità, l'assalitore, Ku Chongtae, svela lentamente il suo proposito e il suo passato, con questo permettendo il ribaltarsi dei rapporti di forza tra i due. Paek trova la forza di liberarsi e fugge, ma al suo inevitabile rientro trova il suo carnefice pronto al suicidio. Yi Chongjun, i cui romanzi sono spesso stati trasposti al cinema, come nei casi di Seopyeonje (Im Kwon-taek, 1993) o Secret Sunshine (Lee Chang-dong, 2007), parte qui dall'immedesimazione nei panni della vittima, con il suo racconto in prima persona fatto a posteriori, di fronte a uno zelante procuratore deciso a ricostruire fin nei minimi dettagli quanto accaduto. L'interesse primario è però per il doloroso percorso di inabissamento del carnefice, Ku Chongtae, che si disvela gradualmente a partire da metà del libro, quando finalmente confessa il suo scopo alla cantante. Nella confessione si nasconde però anche la resa al destino, che motiva il disprezzo crescente di Paek Namhui. Yi assembla un delicato racconto di rapimento e annullamento che passa dal complesso rapporto vittima-carnefice all'esame del tormentato passato nazionale, per chiudersi con una riflessione sulla fragilità dell'identità di fronte ai tumultuosi mutamenti del tempo. La narrazione è frammentaria, come una spirale che continua a svolgersi e riarrotolarsi, per rendere il tormento interiore della protagonista, e insieme la situazione di difficoltà contestuale all'intera società, con quel senso di fine impellente che è ben simbolizzato dalla canzone di più grande successo della cantante («Non posso più cantare / per le strade il rumore del vento...» (p. 9)). Meno diretta, ma altrettanto importante, la riflessione su come il linguaggio plasmi e riplasmi la memoria, un tema già affrontato in romanzi più apertamente politici come The Walls of Rumor (Somunui byeok, 1972) e In Search of Lost Words (Ireobeorin mareul chajaseo, 1981): qui le indecisioni di Namhui sul tempo verbale in cui redigere la sua ricostruzione, il presente o il passato, influenzano il risultato, fino a cambiare le modalità in cui il passato storico torna a prendere forma nel presente: «Ma fin dal principio non riuscivo a distinguere bene soggetto e oggetto della ricostruzione. Forse perché avevo già letto il copione. Forse proprio per provocare quella confusione il procuratore aveva lasciato il giornale alla mia portata affinché lo leggessi. Il copione si sostituiva ai miei ricordi [...]. Tutto si confondeva» (p. 152). Interno coreano con sequestro, che torna in libreria dopo una prima uscita nel 2001, purtroppo tradotto dalla versione francese (traduttore non dichiarato), assecondandosi quindi a un doppio passaggio, è un racconto veloce e contraddittorio, ma capace di provocare riflessioni profonde. La semplicità con cui la protagonista si assoggetta alla violenza è gestito con trasporto fin troppo morboso, e in effetti, nonostante sia la narratrice e la protagonista assoluta, la figura di Paek è la meno compiuta, lasciata perennemente in filigrana. Superato questo ostacolo strutturale, si nasconde però una messa in scena al vetriolo della società e dei rapporti sociali, con l'esame della fallibilità della memoria e il peso della storia e della povertà sul corso degli avvenimenti sociali e della vita dei singoli.