Recensione
www.lankelot.eu, 22/05/2009

Recensione

La sposa birmana” è, ad oggi, l'unico titolo tradotto all'estero di Journal-Gyaw Ma Ma Lay, una delle più grandi scrittrici birmane del Novecento. La scrittura di Ma Ma Lay si unisce in uno straordinario abbraccio di sorellanza alla continuità della lotta sofferente e mai piegata del Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, nota anche come autrice di libri-denuncia sulla drammatica condizione della Birmania, oggi Myanmar. È di pochi giorni fa l'ennesima conferma degli arresti domiciliari di Suu Kyi, ed abbiamo ancora davanti ai nostri occhi le immagini terribili del 2007, quando venne sedata con la violenza la marcia dei monaci che rivendicavano pacificamente la libertà ed il rispetto dei diritti umani. Tutto ciò a dimostrazione che i tempi non sono cambiati, semmai peggiorano. Il romanzo di Ma Ma Lay è un unico e prezioso esempio della letteratura moderna di un popolo che sapeva, all'epoca, riconoscere dignità letteraria, civile ed umana alle donne. Ma Ma Lay è stata una scrittrice, editrice, giornalista, esperta di medicina tradizionale, Presidente dell'Associazione Scrittori, impegnata culturalmente per la liberazione della Birmania dal colonialismo inglese prima e dall'imperialismo giapponese poi. Un'altra donna, quindi, che ha combattuto contro il regime militare instauratosi dopo la liberazione e che ne ha subito le tragiche conseguenze con una prigionia sfiancante durata quattro anni fino alla sua morte avvenuta per i maltrattamenti subiti. Tale era la considerazione di cui godeva in Patria che si dovettero organizzare, non senza imbarazzo, i funerali di Stato.Era una donna ammirevole, dedita a mille attività, in lotta per la libertà, con una tenacia ed una passione che trasuda dai suoi scritti. Non si è mai piegata ed alla fine le sue opere hanno superato i confini del tempo, riuscendo a trovare spazio anche tra gli avidi lettori dei nostri giorni.È difficile l'approccio ad una letteratura di cui, in fondo, non abbiamo che pochissime testimonianze autoctone. Preziosa questa, perché proprio dalla sua scrittura si ha uno straordinario esempio dei cambiamenti epocali del Paese, nel passaggio difficile tra la dominazione inglese e giapponese con un'attenzione particolare alle azioni di rivolta guidate da Aung San, padre di Aung San Suu Kyi, ed eroe nazionale. Ed è dalla fine sensibilità dell'autrice che si riesce a penetrare nello strano meccanismo storico - politico del tempo, nella cultura tradizionale del popolo e, allo stesso tempo, nella complessa ed evoluta psicologia femminile che più di ogni altra percepiva il drammatico evolversi delle cose. “La sposa birmana” è un romanzo di ambientazione esotica, questo è chiaro, ma non si può negare l'indubbio valore di testimonianza di un tempo che non è mai finito del tutto, traslato in una metafora intimistica di grande interesse umano, oltreché letterario. È un passaggio importante quello che l'autrice inserisce nel racconto, un'epoca movimentata di cambiamenti che vedono l'uscita del Paese dalla dominazione straniera e l'ingresso della dittatura militare, senza tralasciare la fase intermedia rappresentata dai giapponesi, all'inizio alleati nella ribellione interna.È un'opera ricca di particolari storici e sociali, intelligentemente inseriti nelle vicende private dei protagonisti.Wai Wai è una donna forte, indipendente, culturalmente preparata, di religione buddhista che ha rinunciato alle sue ambizioni  per dedicarsi con devozione commovente alla cura del padre abbandonato dalla moglie per una vocazione monastica. Un dettaglio di valore è rappresentato dal fatto che il padre è un risicoltore, produttore di una delle grandi ricchezze del Paese, il riso, depredato dagli inglesi. Wai Wai ha un fratello che si arruola nella fazione dei ribelli e finisce per sposare un birmano ormai occidentalizzato, fedele a costumi e alla cultura inglese. Rimane intrappolata dal suo fascino, lottando con se stessa per decidere tra la tradizione, rappresentata da un padre malato ed il nuovo, simboleggiato dal perfetto ed austero marito. E si comprende, dal confronto della coppia, una differenza abissale del ruolo della donna birmana negli anni ‘40, rispetto a quella occidentale contemporanea: una donna che poteva anche pensare ad un divorzio, una donna che poteva anche allontanarsi dal marito, in una sorte di temporaneo abbandono del tetto coniugale. Tanto indipendente lei, quanto costrittivo ed opprimente lui che, ossessionato dalla volontà di trasformare la donna amata in un perfetto manichino inglese, finisce per distruggerne l'anima. Non basta imporle un diverso stile di arredamento della casa, il comportamento a tavola, i cibi e le bevande, le medicine, l'atteggiamento nei riguardi della servitù, l'abbigliamento ma la costringe anche a diradare le visite alla famiglia d'origine. Per chi legge, è una spaventosa esperienza entrare in un gioco di sottile egoismo che fa scattare il meccanismo di lenta trasformazione, di "civilizzazione". L'identità orgogliosamente elevata viene seppellita e con essa la psicologia di Wai Wai che apre uno squarcio, in una dimensione di più ampio respiro, sulla struttura sociale di un popolo. Non si fa fatica a recepire dalla narrazione un altro esempio, l'ennesimo, di crudele sradicamento delle tradizioni di un'intera cultura per impiantarne un'altra, ritenuta superiore secondo fuorvianti parametri di giudizio.Il marito di Wai Wai è il simbolo storico di dominazione straniera, di una forzata occidentalizzazione nei confronti di chi ha già in sé una struttura ampiamente avanzata, indipendente ed ancora sorprendentemente libera.In uno scenario di grande bellezza, in cui domina una natura spavalda, ricca di profumi e colori, Wai Wai si consuma lentamente portando via con sé l'autenticità di un'intera civiltà.Preziosa e, allo stesso tempo, di immediata presa la scrittura di Ma Ma Lay che sa scendere in profondità nell'analisi psicologica della sua eroina, da questo punto di vista privilegiata rispetto agli altri personaggi. Il marito è in perfetto contrasto. La scrittrice ne evita l'introspezione per accentuarne gli aspetti sgradevoli, dominati dall'ossessività, a dimostrazione di una visione del tutto nefasta sull'influenza straniera.  Ma Ma Lay, una moderna e convinta femminista, scriveva ciò che le era familiare, ciò che sentiva più vicino al suo sentire, trasmettendo un immenso amore per il suo Paese. Sotto certi aspetti, con l'attenzione sui particolari descrittivi e nella costruzione del personaggio, ricorda i grandi romanzi della letteratura ottocentesca, d'impronta femminile, senza tralasciare l'impegno politico sotteso alla vicenda personale di Wai Wai. Una testimonianza di grande valore.  “Ognuno ha il dovere di arricchire personalmente questo patrimonio, con tutte le proprie forze , e di far brillare ancora di più la nostra cultura letteraria, gloriosa testimonianza del passato della nostra patria! poiché i programmi scolastici non fanno progredire il nostro popolo, il nostro genio letterario rischia di appassire, privato delle sue radici! Noi abbiamo ricevuto un'educazione da schiavi e ci siamo così allontanati dalla nostra vera letteratura. Ecco come la colonizzazione ha distrutto la nostra personalità nel più profondo dell'anima! Ed ecco perché, al giorno d'oggi, ci sono milioni di birmani per i quali il nostro passato è morto, e che vivono nella totale ignoranza della nostra letteratura!” (pag. 65).